- La provincia di Huabei, in cui si trova Wuhan è uno snodo di vitale importanza per i trasporti
- Paura anche per le ricadute sul settore dell'intrattenimento
- Crolla la domanda di petrolio con possibile ulteriore taglio della produzione Opec+
Il coronavirus non perdona nemmeno il petrolio. Mentre salgono a 425 le vittime, anche Lufthansa si associa a tutte le altre aziende che hanno voluto interrompere i rapporti con il paese asiatico per paura del contagio. La società aerea, infatti, ha confermato lo stop dei voli fino al 29 febbraio.
La view di Nomura
Ma tutto questo ha avuto una ripercussione immediata sull’economia. E non solo su quella cinese. Ad analizzare l’onda d’urto più ampia del previsto sono stati recentemente gli esperti di Nomura. Stando alle loro stime, del tutto provvisorie visto l’andamento imprevedibile del morbo, l’impatto del coronavirus potrebbe essere anche peggio di quello della Sars. E i numeri lo confermano. La Saars costò 25,3 miliardi di dollari sul Pil cinese. Il coronavirus, invece, 40 miliardi. Senza contare che, città dopo città, l’isolamento sta iniziando a riguardare un’intera provincia. E non una provincia qualsiasi, bensì la zona più produttiva del paese. Ma c’è di più.
Isolata una delle maggiori province produttive
Quella di Huabei, in cui si trova Wuhan, epicentro dell’epidemia, è uno snodo di vitale importanza per i trasporti di merci e persone verso le megalopoli cinesi come Pechino, Shanghai e Guangzhou. E il fatto che il governo abbia accettato di paralizzare un fulcro di questa entità economica ha contribuito a creare molte paure. Paure che nascono ovviamente per il blocco dei consumi e il crollo della domanda e che trovano già una prima conferma nei dati macro di gennaio. In particolare in quelli del PMI manifatturiero Caixin, sceso dal 51,5 al 51,1. Si tratta di un livello che, pur restano oltre la soglia spartiacque dei 50 punti, delude le attese che speravano in 51,3 punti.
I settori coinvolti
Ma la zavorra si può notare in tutti i settori. I primi ad essere stati citati più volte sono quelli del lusso con i clienti cinesi che rappresentano un terzo del mercato mondiale. O dell’intrattenimento di cui sono i secondi consumatori dopo gli Usa con un valore di oltre 242 miliardi di dollari nel 2019. Un settore bloccato dalla chiusura delle sale cinematografiche. Per non parlare del petrolio, di cui la Cina è la prima acquirente a livello mondiale.
La questione petrolio
Di queste ore la notizia del crollo della domanda cinese di petrolio e di un possibile taglio di 500mila barili della produzione dell’Opec per sostenere le quotazioni. Attualmente le quotazioni del WTI Usa superano di qualche centesimo i 50 dollari al barile mentre il Brent non arriva a 55. Partendo da questi presupposti gli analisti di Goldman Sachs hanno iniziato a calcolare i primi impatti sull’economia mondiale del 2020, impatti che potrebbero arrivare fino allo 0,3% portando il saldo finale al 3,25%.