Il Fiscal Compact è il termine che viene comunemente utilizzato per indicare il Patto di bilancio europeo, ovvero il Trattato su stabilità, coordinamento e governance dell'UE. L'accordo è stato sottoscritto da 25 dei 28 Paesi allora facenti parte dell'Unione, mentre Regno Unito, Croazia e Repubblica Ceca hanno preso le distanze.
Fiscal Compact: cos'è e cosa prevede
Il Patto di stabilità può essere definito come un tentativo da parte dei Paesi europei di dar vita a quell'integrazione che al momento esiste solo riguardo la moneta unica. La politica di bilancio è sempre stata appannaggio della sovranità nazionale, in questo modo si è voluto compiere il primo passo importante per un'unione anche in questa direzione tra gli Stati indipendenti.
I punti fondamentali attraverso sui si articola il trattato possono essere così elencati:
- obbligo di ogni Paese a perseguire il pareggio di bilancio;
- divieto di superamento del deficit strutturale per una quota maggiore dello 0,5% rispetto al PIL, elevata all'1% se il rapporto debito pubblico/PIL è inferiore al 60%;
- riduzione di 1/20 ogni anno dell'eccedenza del rapporto debito pubblico/PIL rispetto alla soglia del 60%;
- obbligo di mantenimento del rapporto deficit/PIL al di sotto del 3% e meccanismo correttivo automatico in caso di scostamento significativo;
- coordinamento con il Consiglio Europeo e la Commissione Europea dei piani di emissione del debito;
- tenuta di almeno due vertici l'anno per i Paesi che fanno parte dell'area Euro.
Fiscal Compact: origini e storia
Il Fiscal Compact ha avuto origine dallo scoppio della crisi dei debiti sovrani dei Paesi UE che ha fatto emergere, soprattutto negli Stati più rigoristi come Francia e Germania, la necessità di inasprire le norme già contenute nel Patto di stabilità adottato dall'UE nel 1997.
Dopo varie proposte ed emendamenti in seno all'Unione, nel marzo del 2011 vi fu una svolta. Il fronte franco-tedesco, assecondato dai Paesi dell'area nordica, propose un accordo indirizzato verso l'unione di bilancio ma con regole nel rispetto dei due capisaldi del Trattato di Maastricht, ovvero il rapporto deficit/PIL rigorosamente al di sotto del 3% e l'obiettivo del 60% del ratio debito/PIL.
Queste regole dovevano prevedere sanzioni che sarebbero scattate in automatico per coloro che non si accingevano al rispetto di tali parametri. Verso la fine dello stesso anno, tutti i membri della zona Euro concordarono al Consiglio Europeo le linee guida del nuovo Trattato, ma si scontrarono con il veto della Gran Bretagna che mal digeriva l'eccesso di rigore imposto dai Paesi più virtuosi dell'UE.
Le trattative proseguirono fino al 30 gennaio 2012 quando arrivò l'agognata approvazione del Consiglio, con l'eccezione di Regno Unito, Repubblica Ceca e Croazia. L'anomalia dell'iter procedurale però era che il Parlamento Europeo fu completamente bypassato, esistendo un accordo intergovernativo. E questo diede adito a parecchie polemiche.
Il Fiscal Compact entrò ufficialmente in vigore il 1°gennaio 2013, con la ratifica di almeno 12 delle Nazioni interessate. Entro il 1°gennaio del 2014 poi ogni Paese avrebbe dovuto effettuare una legge nazionale di recezione della regola che imponeva il pareggio di bilancio. Qualora ciò non fosse avvenuto entro il 1°marzo 2014 non sarebbe stato possibile chiedere finanziamenti attraverso il Meccanismo Europeo di Stabilità.
L'articolo 16 del Fiscal Compact prevedeva inoltre che, entro 5 anni dalla data di entrata in vigore, lo stesso avrebbe dovuto essere incorporato nella legislazione europea. Il 6 dicembre del 2017 la Commissione Europea ha presentato al proposito una proposta di direttiva finalizzata allo scopo, ma null'altro è avvenuto.
Fiscal Compact: opinioni a confronto
I fautori del rigore hanno sempre sostenuto che le grandi crisi finanziarie sono scaturite dalla modalità attraverso cui i vari Governi si sono lasciati andare allegramente alla spesa pubblica. Questo alla lunga genera bolle che, una volta scoppiate, si fa fatica a contenerle.
Una maggiore disciplina nei conti creerebbe le condizioni per ripulire i bilanci da molte tossicità e aumentare la fiducia del mercato nel finanziamento del debito, con conseguente notevole risparmio in termini di oneri. E poi, nella situazione in cui l'Europa era arrivata quando è stato partorito il Fiscal Compact, la misura sarebbe stata inevitabile per evitare che il debito di ogni Paese sconfinasse oltre certi limiti che non si sarebbe potuto più controllare.
Di parere diametralmente opposto sono gli economisti della scuola keynesiana, i quali definiscono il vincolo del pareggio di bilancio una scelta politica pericolosa. Stabilire un tetto alla spesa pubblica significa perdere il contatto con la realtà. In un periodo di recessione non si farebbe altro che peggiorare le cose, perché l'economia verrebbe strangolata e la disoccupazione aumenterebbe.
Lo Stato quindi si vedrebbe diminuito il gettito fiscale e si troverebbe costretto ad aumentare la spesa improduttiva degli ammortizzatori sociali come i sussidi di disoccupazione. La logica conseguenza sarebbe quella di un rapporto deficit/PIL tendente a salire, con l'aumento del numeratore e la riduzione del denominatore.
In sostanza, si otterrebbe esattamente l'effetto contrario di quello cercato. L'avvento del Covid-19 e i disastri che ha creato nell'economia globale ha messo d'accordo tutti e il Fiscal Compact è diventato più che mai un concetto astratto.