- La banca mondiale a sostegno della sanità;
- Tutte le condizioni per accedere al programma dei pandemic bonds;
- L'emissione di questi strumenti si scontra con gli stessi problemi che sono stati affrontati in passato.
La banca mondiale in soccorso dei paesi in via di sviluppo
La banca mondiale nella giornata di ieri ha deciso di stanziare 12 miliardi di dollari per fronteggiare la crisi causata dal coronavirus, un segnale forte per "fornire un'azione rapida ed efficace ai paesi che ne hanno bisogno", stando alle parole del presidente David Malpass. Uno degli strumenti che l'istituto sovranazionale mette in campo sarà quello dei pandemic bonds, con lo scopo di spostare il rischio sanitario dalle nazioni che hanno difficoltà economiche e finanziarie agli investitori che potrebbero essere particolarmente attratti da rendimenti interessanti.
Come funzionano i pandemic bonds
I pandemic bonds sono delle obbligazioni che funzionano in modo simile alle polizze assicurative che vengono emessi a fronte di grandi rischi globali, l'investitore acquista tali titoli percependo delle cedole molto alte ma, nel caso in cui la situazione dovesse precipitare creandosi una grave pandemia il capitale iniziale non vorrebbe restituito. Perché venga effettuata l'erogazione dei fondi occorrono due condizioni stabilite dal programma Pandemic Emergency Financing Facility, ossia in primis che l'Oms dichiari una pandemia globale e in secondo luogo che nel paese dove si sia originata la pandemia vi devono essere almeno 250 morti, mentre in un secondo paese contagiato altri 20 defunti. Non vi è dubbio che, quindi, il rischio sarebbe molto alto, fungendo l'investitore come assicuratore e non come assicurato. La Word Bank ha previsto due tipologie di bonds: una che riguarda le nuove influenze virali e che hanno un tasso nominale del 7% e un'altra, al tasso dell'11%, che comprende epidemie come il coronavirus che rischiano di mettere a repentaglio tutto il sistema sanitario. In entrambi i casi questi titoli hanno scadenza 2020 e potrebbero essere rinnovati nel caso la situazione lo richiedesse.
Avranno effetti benefici questi strumenti?
Se si volge lo sguardo al passato si vede come con il virus ebola che nel 2018 colpì un paese come il Congo, causando più di 2.000 morti (mentre nel 2014 riguardò tutta l'Africa occidentale), il bond non fu liquidato, perché secondo i parametri allora stabiliti i morti furono insufficienti. Infatti degli oltre 500 milioni di dollari che sarebbero dovuti arrivare non se n'è vista traccia, ma sono stati liquidati soltanto premi agli investitori per 114 milioni di dollari. Nel caso del Coronavirus, visti i morti già registrati in Cina e in Corea, senza considerare paesi più lontani come l'Italia, i limiti hanno abbondantemente varcato la soglia. Alla luce di tutto questo il primo problema che si riscontra, quindi, sta nel fatto che per accedere ai fondi è necessario che ci sia un numero di morti alto su cui sperare.
Un altro problema è determinato dallo sblocco dei fondi che potrebbe avvenire solo 12 settimane dopo l'inizio dell'epidemia, il Coronavirus ha vita secondo l'Oms solo da poche settimane, quindi il denaro potrebbe essere erogatio in ritardo. A questo proposito, però, la Banca Mondiale ha emesso delle obbligazioni e degli Swaps per la gran parte dei fondi che fanno parte del Pandemic Emercency Financing Facility con lo scopo di rendere più fluidi e tempestivi i finanziamenti. E se, entro luglio del 2020, mese in cui scadono i pandemic bonds, non ci saranno interventi umanitari a favore dei paesi contagiati, gli investitori riceveranno quanto investito e gli interessi promessi.