Anche se la tempesta che ha attraversato il comparto bancario, ed i mercati finanziari, nelle ultime settimane avrebbe potuto consigliare prudenza, dalla riunione della Federal Reserve di ieri è emersa la decisione che si attendevano 4 analisti su 5: un rialzo dei tassi di 25 punti base.
In questo modo il costo del denaro Usa viene portato nell’intervallo 4,75-5%, il livello maggiore dal settembre del 2007. Fino ad un paio di settimane fa l’ipotesi di una stretta da 50 punti base registrava un consenso bulgaro ma, i recenti fallimenti, hanno portato la FED a rivedere la sua view. Ma vediamo nel dettaglio cosa è emerso dalla riunione della Federal Reserve.
Riunione Federal Reserve: a cambiare è la guidance
La sensazione generale è che, anche e soprattutto alla luce del ritmo tenuto fino a questo momento (un anno fa il costo del denaro della prima economia non era lontano dallo 0%), uno stop alle strette avrebbe scatenato il dubbio che i problemi delle banche Usa sono più profondi di quanto si pensi. “Il sistema bancario americano è sano e resiliente”, ha invece detto il chairman, Jerome Powell.
Nonostante Powell abbia riconosciuto che il fallimento di tre banche in una settimana abbia provocato “una stretta del credito per imprese e famiglie e peseranno sull’attività economica, sul mercato del lavoro e sull’inflazione”, e quindi daranno una mano alla FED, l’istituto con sede a Washington ha deciso di tirare dritto.
Nel comunicato della FED si è osservato che la creazione di posti di lavoro ha evidenziato un’accelerazione e che l'inflazione si conferma elevata. La formula “nuovi incrementi dei tassi saranno appropriati” è stata sostituita da “qualche ulteriore intervento potrebbe essere necessario”.
Un'altra modifica è arrivata dalla guidance: mentre prima le strette erano in qualche modo anticipate (come del resto ha fatto anche la BCE a febbraio), ora si procederà a vista sulla base dello scenario di riferimento. “La FED è pronta ad adeguare la sua politica monetaria se emergeranno nuovi effetti inattesi”. La nuova guidance è anche legata alle nuove stime sull’economia: nel 2023 il Pil USA è stimato in aumento dello 0,4%, contro il mezzo punto percentuale di crescita atteso a dicembre, mentre il dato 2024 passa dall’1,6 all’1,2%. Dal 3,1% di dicembre, la view sull’inflazione 2023 è stata portata al 3,3% mentre il dato 2024 è visto al 2,5%.
Inoltre, Powell ha rivelato che, a dispetto del fatto che la decisione di alzare sia stata presa all’unanimità, l’ipotesi di una pausa è stata valutata. Non si è invece parlato, ha rivelato il chairman, di tagliare il costo del denaro nella seconda parte dell’anno. Dai “dot plot”, le aspettative dei membri del FOMC sul livello dei tassi di interesse a fine anno, emerge un valore mediano del 5,1% (lo stesso di dicembre).
La view degli analisti sulle decisioni della FED
Giuseppe Sersale del Team Anthilia ha rilevato che la FED “ha deciso di mantenere la barra dritta, ma riconosce che vi sarà un impatto di tightening delle condizioni finanziarie dai recenti eventi (che sono essi stessi effetto dei rialzi, in parte). Purtroppo è presto per valutare quest'impatto, che verrà attentamente monitorato”. “Penso che i motivi per prendere una pausa di valutazione di quanto fatto finora ci fossero tutti, e sono stati anche espressamente citati da Powell. Perchè alzare i tassi se si pensa che vi sarà un tightening riveniente da eventi recenti, sulla cui entità vi è incertezza, resta per me un mistero”.
“La FED ha valutato con cautela l'impatto del forte inasprimento delle condizioni finanziarie a cui abbiamo assistito all'inizio della settimana, in seguito alle gravi tensioni nel sistema bancario, ma nelle ultime 48 ore ha assistito a un sostanziale miglioramento del sentiment”, ha detto Gordon Shannon, gestore di portafoglio di TwentyFour Asset Management. “Una pausa avrebbe potuto allarmare i mercati, segnalando che Powell era meno fiducioso nella tenuta del sistema bancario”.
“Riteniamo -riporta una nota di ING formato da James Knightley, Padhraic Garvey e Francesco Pesole- che i recenti eventi renderanno le banche più nervose riguardo a chi concedere i prestiti, a quanto concederli e a quale tasso di interesse. Con le autorità di regolamentazione che probabilmente percepiscono la necessità di essere più proattive, ciò potrebbe intensificare l'avversione al rischio e indurre le banche a inasprire ulteriormente gli standard di prestito”. “Questo ostacolerà i flussi di credito, peserà sull'economia e permetterà all'inflazione di scendere ancora più rapidamente”.
A questo punto, Shannon consiglia di guardare ai dati relativi l’andamento del mercato del lavoro, “alla ricerca di segnali di riduzione dell’attuale rigidità, che consentirebbero alla FED di fare una pausa e di valutare l'impatto ritardato dei precedenti rialzi”.
“I tagli dei tassi, che abbiamo previsto da tempo, saranno probabilmente il tema chiave della seconda metà del 2023 e siamo favorevoli a un allentamento di 75 pb nel quarto trimestre di quest'anno”, rilevano gli esperti di ING. Anche perché “è importante ricordare che la Fed non lascia mai passare molto tempo tra un aumento e un taglio dei tassi. Storicamente sono passati solo sei mesi tra l'ultimo rialzo e il primo taglio dei tassi”.
“Probabilmente l'errore politico più lungo dai tempi del presidente della Fed di New York Strong negli anni '20 è quasi terminato (l'errore non è stato il rialzo dei tassi, ma la mentalità fanatica del "rialzo, rialzo, rialzo" senza soffermarsi a valutare i danni provocati)”, commenta Paul Donovan di UBS.