È di pochi giorni fa l’aggiornamento della roadmap di Cardano che ha individuato il periodo di lancio della nuova main net (fase Shelley) fra la seconda metà di luglio e la prima metà di agosto. In questo periodo verranno completate le operazioni tecniche relative e finalmente potremo iniziare a vedere all’opera uno dei progetti altcoin che più hanno fatto parlare di sé dal 2017 a oggi. Si tratta di un evento di notevole importanza per tutto il mondo cripto, ma procediamo con ordine.
Il progetto nasce in maniera abbastanza graduale fra il 2014 e il 2015 anche se la fondazione vera e propria risale al 2017, sotto la spinta principale di Charles Hoskinson (uno dei co-founder di Ethereum) e finora è stato portato avanti da tre entità principali ognuna delle quali ha un ruolo preciso nell’organizzazione dello sviluppo: la IOHK, la Cardano Foundation ed infine Emurgo.
L’intento che si cerca di perseguire è quello di costruire una piattaforma per smart contracts e scambio di valore che possa prendere tutto il buono che c’era nelle blockchain di prima (Bitcoin) e seconda (Ethereum) generazione e concentrarle in un unico luogo. Tutto questo senza nessuna fretta, tenendo un approccio scientificamente rigoroso per non rischiare di fare il passo più lungo della gamba.
I punti essenziali della roadmap di Cardano sono sintetizzabili in 5 fasi principali.
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Byron: lancio della prima main net che consente gli scambi di moneta (ADA);
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Shelley: implementazione delle tecnologie di decentralizzazione su una seconda main net;
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Goguen: introduzione degli smart contracts;
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Basho: miglioramento delle prestazioni;
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Voltaire: introduzione sistema di tesoreria e governance.
Per quanto riguarda le specifiche tecniche sarebbero veramente tante le cose da dire, vista la complessità del progetto. L’algoritmo di consenso è la Proof of Stake che garantisce un dispendio di energia minore rispetto alla Proof of Work. In quest’ultima i miners per “risolvere” il blocco devono mettere in campo la potenza computazionale della quale dispongono, mentre nella POS ciò che utilizzano come “entità certificante” è la quantità di moneta che hanno vincolato alla piattaforma. Il validator (così sono genericamente definiti i miners delle POS) al quale verrà assegnato il compito di agganciare il blocco (e che quindi si aggiudicherà il premio previsto, le nuove monete emesse) è scelto in maniera casuale, ma chi ha più moneta vincolata avrà più possibilità di essere scelto, proporzionalmente alla quantità di fondi posseduti.
Viene da sé che in un sistema di questo tipo si corrono rischi di alta centralizzazione (i nodi validanti più ricchi avendo più possibilità di essere selezionati tenderanno ad arricchirsi sempre di più) a meno ché non venga inserito qualche filtro deterrente. Questo è ciò che avviene su Cardano con l’introduzione del protocollo Ouroboros. In parole povere si tratta di un algoritmo che prevede una “saturazione” dei nodi: quando un nodo raggiunge un determinato numero di fondi vincolati le reward che potrà ottenere dalla produzione di nuovi blocchi tenderanno a diminuire drasticamente. Così facendo si va a disincentivare l’accumulo eccessivo.
Oltre a questo si dà la possibilità di unirsi in pool. I detentori di ADA, una volta operativo Shelley, potranno delegare i propri fondi su una pool di staking ricevendo così i proventi a seconda della loro partecipazione con un paio di click. Sarà possibile fare questo attraverso il wallet Daedalus (strumento ufficiale di Cardano) e si stima un ritorno annuo variabile a seconda del quantitativo percentuale vincolato rispetto alla supply totale. Si va da un 10% per un quantitativo vincolato attorno al 25%, a un 4,5%, per un quantitativo vincolato di circa il 70%.
Per smorzare facili entusiasmi è bene precisare il fatto che questa soluzione non credo possa essere considerata definitiva al problema centralizzazione nelle POS, poiché niente vieta ai grossi stakeholders di creare diversi nodi, magari presentandosi alla community sotto mentite spoglie. Su questo concetto si basano tutte le obiezioni principali che nel corso del tempo sono state fatte verso questo sistema di consenso.
Sull’aspetto tecnico ci sono da dire ancora un paio di cose. Su Haskell, che è il linguaggio di programmazione utilizzato, scelto perché meno soggetto all’errore umano rispetto agli altri, inoltre sul doppio layer che costituisce l’ossatura della piattaforma Cardano. Il Cardano Settlement Layer dove vengono registrate tutte le specifiche riguardanti le transazioni e il Cardano Control Layer dove vengono gestiti i dati degli account e le informazioni (future) sugli smart contract.
La suddivisione ha lo scopo di fornire la possibilità di intervento mirato nel caso di aggiornamenti da implementare nel protocollo e incide anche su un grado maggiore di sicurezza. Cardano fa dell’approccio accademico nella risoluzione di ogni dettaglio il suo punto di forza, cosa che però incide in maniera negativa sulle tempistiche che molto facilmente finiscono per dilatarsi.
Provando a trarre alcune conclusioni possiamo dire si tratti di una grande promessa e come spesso accade in ambiente cryptocurrencies, solo il tempo potrà dirci se verrà rispettata o meno.