Nonostante il consenso degli analisti fosse orientato per un ritorno sotto il 10%, l’inflazione britannica nel mese di marzo si è confermata in doppia cifra passando al 10,4 al 10,1 per cento. A fronte di una contrazione dei prezzi dei prodotti petroliferi, gli incrementi dei beni alimentari (l'inflazione dei prezzi di pane e cereali ha segnato un livello record), di quelli dei servizi e intrattenimento hanno continuato a spingere al rialzo il costo della vita d’Oltremanica. Indicazioni sostanzialmente simili sono arrivati dall’indice “core”, che si è confermato particolarmente “sticky” (appiccicoso) bissando il +6,2% del dato precedente.
Si tratta di numeri che, lette in ottica Bank of England, non fanno altro che supportare nuove strette sui tassi da parte dell’istituto guidato da Andrew Bailey. “Anche alla luce delle indicazioni arrivate ieri dal mercato del lavoro (che hanno evidenziato aumenti salariali superiori alle attese, ndr), è chiaro che nel sistema economico è presente un livello di domanda maggiore rispetto a quello stimato dalla BoE nel primo trimestre”, ha detto Kitty Ussher, capo economista dell’Institute of Directors. Per Samuel Tombs, n.1 per gli economisti di Pantheon Macroeconomics, il calo dell’inflazione “headline” è “troppo modesto per permettere al Comitato di politica monetaria di fermare le strette sul costo del denaro".
Attualmente al 4,25%, il tasso benchmark potrebbe salire al 4,5% nel meeting di maggio e, stima Capital Economics, questa stretta potrebbe non essere l’ultima. Anche perché, nell’attuale contesto globale i prezzi al consumo britannici rappresentano un’eccezione: il mese scorso l’inflazione statunitense si è attestata al 5% mentre quella di Eurolandia ha evidenziato un +6,9%.
Banche Centrali: BoC e RBA hanno già fermato il processo di rialzi
A fronte di una Bank of England che rischia di finire per penalizzare eccessivamente la crescita economica, ci sono altre banche centrali, come la Reserve Bank of Australia e la Bank of Canada, che hanno già arrestato il processo di normalizzazione dei tassi.
La prima, nel meeting dello scorso 4 aprile, ha ribadito il benchmark al 3,6% anche se, dalle minute diffuse ieri, è emerso che la decisione di fermarsi, dopo 10 strette consecutive è stata molto combattuta. Di conseguenza, l’istituto appare pronto a riprendere le strette.
La posizione della BoC sembra più solida: il 12 aprile l’istituto con sede a Ottawa ha confermato, per la seconda volta consecutiva, i tassi al 4,5%. Nel corso della conferenza stampa il governatore Tiff Macklem ha detto che gli effetti positivi dei rialzi dei tassi occorrerà attendere circa 18-24 mesi ed una simile dichiarazione è stata interpretata come una conferma della “stance” attendista.
A favore di questa view ci sono anche i dati relativi l’inflazione: l’ultimo dato disponibile sull’andamento dei prezzi al consumo australiani ha evidenziato un +6,8% mentre il corrispondente dato canadese a marzo è sceso dello 0,5% al 5,9% (ed ovviamente il dato è destinato ad essere spinto al ribasso dal Cpi statunitense).
GBP/CAD: investiamo al rialzo in direzione di 1,75 C$
Il differente atteggiamento delle rispettive banche centrali potrebbe essere sfruttato per scommettere al rialzo sul cross sterlina/dollaro canadese. Sceso al di sotto del supporto rappresentato dagli 1,6 C$ a settembre 2022, con un minimo a 1,408, questo incrocio a novembre si riportato sopra questo importante livello tornando a testare la media mobile a 50 periodi.
Superato questo ostacolo, il prossimo obiettivo potrebbe essere rappresentato dagli 1,75 dollari canadesi, un livello che dal dicembre 2008 continua a dimostrare la sua validità.
Spostandoci sul grafico giornaliero, vediamo come la tumultuosa ripresa dei corsi partita nella prima parte di novembre si sia arenata in corrispondenza degli 1,685 CS. Superata la MM50 e testata la MM100, i corsi hanno effettuato altri test di questo livello resistenziale.
Nelle condizioni attuali, l’incrocio sembrerebbe pronto al breakout: con un ingresso da 1,663 vogliamo investire al rialzo con primo target fissato a 1,698 e secondo a 1,708. Lo stop loss può essere posto a 1,63, sotto la media mobile a 100 giorni. Gli operatori con un orizzonte temporale più esteso potrebbero investire al rialzo con target 1,735 C$.
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