La straordinaria crescita delle criptovalute in questi ultimi anni ha posto le istituzioni finanziarie di fronte a un grande dilemma: appoggiarle o reprimerle. Se fino a poco tempo la decisione appariva quasi scontata, quanto più si sottovalutava l'incredibile forza delle valute digitali, adesso invece la presa di coscienza è diversa. L'interesse degli investitori è talmente alto che non può essere tacitato da qualsiasi forma di regolamentazione aggressiva.
Ciò nonostante il problema esiste, perché i Governi e le Banche Centrali sono preoccupati che tutto ciò possa sconfinare in una crisi del sistema fuori controllo sotto vari aspetti. In primis per quanto riguarda la rischiosità dello strumento, che potrebbe compromettere le finanze degli investitori. In secondo luogo in relazione alle infrastrutture della blockchain ancora immature per prevenire dal rischio di frodi e raggiri. In terzo luogo con riferimento all'utilizzo delle criptovalute per finanziare traffici illeciti e favorire la criminalità. Infine vi è un problema riguardante l'ecosistema da salvaguardare e il mining di alcune criptovalute mette a repentaglio gli obiettivi dell'equilibrio ambientale.
Questi possibili inconvenienti si vanno però a scontrare con indubbi vantaggi, al di là dell'attrattività speculativa degli investimenti. Ad esempio, grazie alla blockchain sarà possibile effettuare in futuro direttamente alcune operazioni come l'acquisto di una casa o di un'auto, che adesso richiedono la presenza di agenti immobiliari e notai, con notevole risparmi in termini di costi. Per non parlare dell'abbattimento degli oneri nell'utilizzo di molti servizi bancari e finanziari, che va tutto a vantaggio delle famiglie meno abbienti.
Criptovalute: 3 grandi preoccupazioni della Cina
Tenuto conto di tutti questi aspetti, il dibattito è sempre aperto e le differenze di vedute e di posizioni mettono in contrapposizione diversi Stati. El Salvador è stato il primo Paese al mondo che ha adottato il Bitcoin come moneta a corso legale, la Russia ha concesso un'apertura per l'utilizzo in futuro come mezzo di pagamento, mentre in Svizzera si stanno raccogliendo le firme per indire un referendum per l'inserimento di Bitcoin nella Costituzione.
Nell'altra sponda si trova la Cina. Da tempo Pechino ha intrapreso la strada del pugno di ferro, spazzando via tutto ciò che ha a che fare con le criptovalute: dal mining all'investimento, all'utilizzo nelle transazioni. Ma quali sono le reali preoccupazioni del Dragone riguardo l'utilizzo dei token digitali? In base agli atteggiamenti assunti dalle Autorità governative è possibile discernere 3 principali motivi di apprensione, vediamoli.
Il sistema dei pagamenti
Secondo le alte cariche dello Stato, le criptovalute compromettono il controllo centrale sui sistemi di pagamento nazionale. La diffidenza si è estesa anche alle stablecoin, che hanno un valore agganciato a monete a corso legale, per il pericolo di servire come alternativa di queste ultime. Del resto, la repressione esercitata nei confronti di Ant Financial, dove è stata fatta saltare una quotazione in Borsa, aveva già reso le idee chiare: Pechino voleva impedire che operatori che non fossero la Banca Centrale dominassero il sistema nazionale dei pagamenti.
I flussi finanziari transfrontalieri
La blockchain potrebbe arrivare a eludere le restrizioni sui movimenti finanziari oltre confine, rendendo più difficile la gestione del tasso di cambio della valuta domestica. Qualche anno fa la Cina aveva imposto dei limiti alla fuga di capitali dal Paese che stavano indebolendo enormemente il renminbi. A quel punto la domanda di Bitcoin è esplosa in quanto la criptovaluta veniva usata per portare denaro fuori dal Paese eludendo i controlli. Per questa ragione il Governo vuole evitare che le valute digitali vengano adoperate come forma di evasione.
L'impatto ambientale
Quando il mining di criptovalute veniva permesso in Cina, il consumo di energia nella Nazione era alle stelle, considerata la grande disponibilità di corrente a basso costo. Questo produceva una quantità di emissioni di sostanze inquinanti non indifferente, in totale contrasto con gli obiettivi del Governo di transizione verso energie più pulite. In una situazione come quella attuale, dove il Paese è stato colpito da una grave crisi energetica e si sono dovuti rispolverare i combustibili fossili per tamponare la situazione, è impensabile permettere un'attività che richiede un grande sfruttamento di energia.