La triste vicenda di Wirecard si macchia di un altro capitolo oscuro: Stephan von Erffa, ex capo della contabilità dell'azienda e imputato nel processo fissato per fine anno, ha ammesso di aver
falsificato i documenti durante l'audit contabile di KPMG. Von Erffa quindi si aggiunge a Oliver Bellenhaus, capo della filiale di Dubai, che ha riconosciuto i suoi illeciti nel luglio 2020, diventando così testimone capo per l'accusa.
Il 47enne tedesco è uno dei tre alti dirigenti di Wirecard accusati di frode, violazione della fiducia e manipolazione del mercato, insieme proprio a Bellenhaus e all'ex Amministratore Delegato Markus Braun. Finora Von Erffa ha respinto qualsiasi imputazione di frode, incolpando l'ex manager Jan Marsalek, datosi alla fuga. Le indagini della polizia tedesca però hanno rilevato che in realtà all'inizio del 2020 sono stati falsificati i documenti poi condivisi con i revisori contabili di KPMG ed Ernst & Young.
Wirecard: ecco come si è svolto l'imbroglio
Come è avvenuta nello specifico la falsificazione? Tutto è collegato a un pagamento di 50 milioni di euro ricevuto da Wirecard nel 2018, probabilmente da uno dei conti di deposito asiatici a garanzia. Nel 2019, i conti sono stati esaminati da KPMG per verificare l'autorizzazione al pagamento di von Erffa. Non esistendo un documento che certificasse il trasferimento, il capo contabile ne ha inventato uno; almeno così avrebbe detto ai pubblici ministeri che si occupano delle indagini. In sostanza, von Erffa avrebbe generato un'email retrodatandola a dicembre 2018 e un finto modulo di autorizzazione di deposito a garanzia per la cifra corrispondente.
Tuttavia, egli avrebbe riferito che questo falso fosse un caso isolato e che la transazione fosse stata autentica. La ragione della falsificazione risiederebbe, secondo l'imputato, nella pressione esercitata da KPMG per ottenere le prove della transazione. A giudizio dei pubblici ministeri che stanno portando avanti l'inchiesta, i 50 milioni di euro inviati a Wirecard sarebbero spuntati da uno dei partner commerciali asiatici, che avevano preso in prestito 100 milioni di euro dall'azienda e restituito la metà dell'importo attraverso alcune società fantasma in modo da non rilevare l'origine del denaro.
Il de profundis di Wirecard è avvenuto nel giugno 2020, quando è stato dichiarato il fallimento per insolvenza. La società di tecnologia e servizi finanziari aveva ammesso che la metà dei ricavi dichiarati e una liquidità per 1,9 miliardi di euro detenuta presso conti di deposito garantiti nell'OCBC, banca di Singapore,
in realtà non esistevano. Tutta la vicenda ha provocato un autentico terremoto nell'ambiente finanziario e politico tedesco, dove l'Autorità regolamentare, la
BaFin, è stata messa pesantemente sotto accusa per non aver adeguatamente vigilato su quanto stesse accadendo.