La proposta di Joe Biden di aumentare l'aliquota d'imposta per le società americane dal 21% al 28% dividerà l'America. Quantomeno creerà una spaccatura nel Congresso e all'interno della coalizione che sostiene il Governo.
I Repubblicani sono pronti a dare battaglia, in quanto ritengono l'aggravio fiscale un'imposizione poco producente in questo momento storico. L'ala centrista dei Democratici rimugina preferendo altre misure meno pesanti per la crescita. Alla fine si potrebbe arrivare ad un compromesso per fare in modo che la riforma fiscale vada avanti.
C'è un altro punto però che potrebbe creare una lotta intestina, ossia quello che fa riferimento alla proposta da parte dell'inquilino alla Casa Bianca di una tassa sul reddito globale immateriale che viene tassato poco.
In sostanza, si tratterebbe dell'applicazione di un'aliquota fiscale del 21% sui profitti societari prodotti all'estero e che scontano tasse estremamente basse. In questo contesto, l'Amministrazione USA dovrà prepararsi a fare guerra soprattutto ai colossi del Web, i quali per tanti anni hanno potuto godere di una certa bambagia fiscale.
Wall Street: 10 grandi società che rischiano dall'aumento delle tasse
Con l'aiuto di un'accurata analisi di Citigroup è possibile visionare un elenco di 10 società americane che producono oltre il 30% dei ricavi fuori dagli Stati Uniti e sono assoggettate ad aliquote d'imposta irrisorie. Tra di esse vi è una quantità importante di aziende tecnologiche ed è quindi evidente che si tratta di entità maggiormente a rischio di essere colpite nel caso dovesse passare al Congresso un disegno di legge a firma Joe Biden. Vediamo insieme di chi si tratta:
Facebook
La maggior parte delle entrate della società guidata da Mark Zuckerberg è ottenuta all'estero e ad oggi il gigante social di Menlo Park paga sugli utili una tassazione effettiva netta del 12%.
Amazon
Quasi un terzo del reddito dell'e-commerce più grande del Mondo è di provenienza esterna agli Stati Uniti. Anche la società di Jezz Bezos sconta sugli utili un'aliquota effettiva del 12%.
Apple
La gran parte delle vendite di Cupertino sono effettuate fuori dai confini americani e il produttore di iPhone non paga più del 14% d'imposta sul reddito.
Netflix
Oltre il 50% del fatturato del colosso dello streaming ha origine estera e sugli utili grava solo un'imposta del 14%.
Etsy
Il sito web specializzato nei prodotti artigianali e vintage produce un terzo dei redditi oltreconfine pagando appena il 4,5% di tasse.
Take-Two Interactive
L'azienda statunitense produttrice e distributrice di videogiochi e di accessori per computer ha il 40% delle entrate fuori dal Continente americano e sul guadagno ottenuto viene applicata un'aliquota fiscale del 12%.
Yum! Brands
Il leader mondiale della ristorazione produce oltre il 40% delle entrate all'estero e paga una tassa sugli utili dell'11%.
PVH
La società di abbigliamento con sede a New York introita il 60% del fatturato all'estero e sconta un'aliquota fiscale netta del 6,5%.
Domino's Pizza
La grande catena di ristorazione specializzata nella vendita della pizza ricava più del 50% dall'attività oltre America. Sul reddito netto viene applicata un'imposta dell'11,5%.
Nike
La multinazionale statunitense che produce calzature, abbigliamento e accessori sportivi ottiene quasi due terzi dei suoi ricavi all'estero ed è tassata con un'aliquota del 12%.