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L'industria del vino subisce un calo del fatturato del 30% in media a livello mondiale;
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I produttori di vini spumante attutiscono le perdite per via della stagionalità del fatturato;
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In Borsa sorprende l'andamento di Italian Wine Brand in controtendenza rispetto al mercato.
Sono numerosi i settori del Made in Italy a essere stati martoriati dal Coronavirus. Tra questi, nemmeno quello vitivinicolo sembra essere stato risparmiato. Per stimare i danni del fenomeno un'analisi dell'Ufficio Studi di Mediobanca ha preso a riferimento un campione di 215 società italiane che nel 2018 hanno prodotto un fatturato superiore ai 20 milioni di euro e 14 aziende estere quotate in Borsa con vendite di una cifra maggiore ai 150 milioni di euro. Dal campione sono state escluse quelle imprese che, pur esercitando attività del settore in maniera rilevante, non hanno come core business l'attività di produzione del vino. A completare l'indagine sono state interpellate le imprese sulla base dei consuntivi del 2019 e delle previsioni sulle vendite per il 2020, nonché su alcuni elementi che riguardano la struttura commerciale e l'amministrazione dell'azienda.
Report Mediobanca: il Covid costa 2 miliardi di euro di fatturato al vino italiano
Cosa è emerso dall'inchiesta di Mediobanca? La perdita che le imprese possono subire globalmente in tutto l'arco del 2020 arriverebbe a circa 2 miliardi di euro, con una caduta del fatturato del 20-25% in confronto al 2019. Solo l'export dei maggiori produttori italiani di vino si contrarrebbe fino a 1,4 miliardi di euro nel peggiore degli scenari, di 0,7 miliardi nel migliore dei casi. Per quanto invece riguarda il mercato interno, lo studio considera un calo di 0,5 miliardi di euro fino a metà maggio, tenuto conto che il 65% delle vendite nazionali vengono effettuate attraverso la Grande Distribuzione Organizzata. Quindi ci sarebbe da aggiungere una contrazione ulteriore di 0,5 miliardi per la seconda parte del 2020, ipotizzando che la riapertura tramite altri canali avvenga per una quota del 30% in meno rispetto al 2019.
Il disastro assoluto è aggravato dalla chiusura o comunque dalla limitazione dei trasporti che hanno frenato l'enoturismo, nonché dall'incremento dei costi dovuti a tutte le misure di sicurezza adottate, dalle giacenze di magazzino per i prodotti rimasti invenduti e dalla difficoltà di reperire personale per i lavori stagionali.
Dalle interviste fatte alle aziende si evince come il pessimismo dilaghi. Il 63,5% prevede per tutto il 2020 un crollo del fatturato e il 41,2% un calo dello stesso di una cifra superiore al 10%. Bisogna risalire al 2009 per vedere uno scenario così deprimente. Anzi, allora il 60,6% delle aziende operanti nel settore del vino ebbero un calo di appena il 3,7% e solo per il 24,2% ci fu una contrazione maggiore del 10%.
Chi si salva da questa ecatombe? Per Mediobanca solo i produttori di vini spumanti, per effetto del fatto che questa tipologia di vini viene venduta soprattutto a fine anno, in corrispondenza delle festività natalizie. Quindi si presume che la pandemia per allora sia completamente superata, a meno di una seconda ondata del virus.
Come si è comportato in Borsa il settore vinicolo quotato a Piazza Affari
Il Covid ha manifestato la sua presenza anche nei mercati finanziari. Basti pensare che a livello mondiale le società vinicole quotate hanno bruciato nel primo trimestre 2020 i guadagni degli ultimi 5 anni, con un calo delle quotazioni del 30% in media.
Riguardo le società quotate a Piazza Affari, Masi Agricola ha subito nel primo trimestre una riduzione del fatturato del 7,7% per effetto della chiusura e della limitazione delle attività facenti parte canale distributivo Horeca, che è quello prevalente utilizzato dalla società. Di conseguenza ne ha risentito anche il titolo, quotato da alcuni anni all'AIM di Borsa Italiana. Le azioni di Masi da inizio pandemia hanno perso in Borsa oltre il 20% del loro valore di mercato.
Anche il leader degli aperitivi Campari è stato messo in ginocchio nel primo trimestre dal lockdown. La trimestrale ha fatto registrare un calo delle vendite del 2,7% e un utile lordo in diminuzione del 51,6%. Nel pieno dell'emergenza Coronavirus il titolo in Borsa era arrivato a perdere fino a oltre il 30% del suo valore, salvo recuperare tra aprile e maggio un buon 20%.
In controtendenza assoluta, invece, Italian Wine Brands. Gli effetti del Covid non si sono del tutto manifestati sulla società quotata all'AIM Italia. Il punto di forza del gruppo sembra essere il canale distributivo, che riguarda la GDO e quello diretto ai consumatori finali, senza utilizzare l'Horeca, che è stato particolarmente penalizzato dalla chiusura delle attività. Nei primi quattro mesi dell'anno Italian Wine Brands ha visto una crescita di oltre il 10% del fatturato, grazie all'80% dell'export su tutti i mercati internazionali. Per questa ragione il CdA ha proposto in assemblea la distribuzione del dividendo di 0,10 euro ad azione. La resilienza all'effetto Covid si è vista anche all'AIM con le azioni che, dopo una certa turbolenza nella fase più critica della pandemia che ha fatto precipitare il valore azionario del 20%, hanno recuperato alla grande per raggiungere allo stato attuale il massimo storico di 15,80 euro.