Chi ha investito in Cina nel 2021 in questo momento si starà leccando le ferite. Le azioni delle società tecnologiche sono state letteralmente tramortire da una repressione da parte delle Authority tra le più aggressive che si siano mai viste. Ne hanno fatto le spese giganti come Alibaba e Tencent che hanno visto ridimensionarsi la loro capitalizzazione di mercato.
Il settore immobiliare sta per naufragare travolto dai debiti, con un Governo che ha fatto e sta facendo ben poco per evitare la debacle. E lo spettro aleggia sul delisting dei più grandi titoli quotati a Wall Street nell'ambito delle tensioni continue tra Washington e Pechino. Tutti argomenti che si incastrano perfettamente con i piani di Xi Jinping di realizzare il grande obiettivo della prosperità comune, ormai cavallo di battaglia in prospettiva della sua rielezione per il terzo mandato consecutivo nella riunione del Partito Comunista del prossimo autunno.
Perché gli investitori puntano ancora sulla Cina
Tutto questo non è però bastato per allontanare gli investitori esteri dalle Borse cinesi. L'anno scorso ogni mese si sono registrati flussi netti positivi nelle azioni A cinesi per un totale di 67 miliardi di dollari. Cos'è dunque che attira così tanto denaro dall'estero? Le motivazioni possono essere 5.
La prima riguarda l'autosufficienza del Paese. Il Governo ha puntato a occupare le sfere che guidano l'economia del futuro, come la tecnologia 5G e 6G, i semiconduttori e le energie rinnovabili. Su questo la Cina sta lottando con gli Stati Uniti per ottenere la supremazia, sperando di controllare l'intera catena del valore: dalle materie prime alla lavorazione e alla produzione. Gli investitori in realtà vedono opportunità in entrambi i Paesi e non sono in pochi a sostenere che alla lunga sarà Pechino a spuntarla.
La seconda fa riferimento all'aggiornamento industriale in alcuni settori chiave. Tra questi vi sono la robotica e l'intelligenza artificiale, per cui tutta l'industria cinese mira a conquistare quote di mercato importanti a livello mondiale.
La terza motivazione si basa su uno stile di vita sano. Questo è un tema tutt'altro che banale, perché una popolazione che è sempre più benestante mira a standard di vita migliore, guidando la domanda di servizi sanitari e prodotti di consumo più sani, come cosmetici e soluzioni per la cura della persona.
La quarta concerne l'energia verde. La Cina sta sostenendo enormi sforzi per dominare nel campo dell'energia solare, dove già attualmente è il principale produttore di pannelli solari al mondo, e nel campo delle auto elettriche, in cui vanta il più grande mercato a livello globale. L'obiettivo è anche quello di dettare legge sui componenti essenziali per arrivare al prodotto finito, come ad esempio le batterie per i veicoli elettrici e il silicio policristallino per il fotovoltaico.
La quinta ragione consiste nella riforma dei mercati finanziari. La liberalizzazione dei mercati cinesi consente un maggiore accesso agli investitori internazionali in terreni un tempo inesplorati e questo si concilia con il miglioramento delle infrastrutture dei mercati.
Infine se ne potrebbe aggiungere anche una sesta, se si dà una chiave di lettura diversa alla repressione di Pechino finalizzata alla prosperità comune. I progressi economici che ha fatto il Dragone per diversi decenni hanno presentato un conto raffigurabile nella crescente disparità di ricchezza, nell'elevata leva finanziaria utilizzata e nel crollo della natalità. Cercare di equilibrare le cose potrebbe destabilizzare il sistema nel breve, ma a lungo andare lo sanifica, sostenendo le aziende più sobrie e che hanno un valore strategico duraturo nel tempo.