Cosa succederebbe se Boeing bloccasse la produzione del contestato modello 737 Max?
La domanda è piu’ che mai di attualità dopo i due disastri in Indonesia ed Africa con la morte di 346 persone tra passeggeri e membri dell’equipaggio. Gli aerei 737 Max sono stati messi sotto accusa per evidenti problemi di software riguardanti l'auto-pilotaggio e stanno pesando negativamente sui bilanci della società statunitense. Infatti è da qualche mese che i velivoli non posso piu’ effettuare le tratte previste dato che le garanzie di sicurezza richieste dagli Stati non risultano soddisfatte a pieno. Inquietanti risultano le dichiarazioni emerse negli scambi di mail tra alcuni dipendenti (come riportato da IlSole24ore) dove i 737 vengono definiti come “aerei progettati da clown e supervisionati da scimmie”.
737 Max: un peso per il bilancio e il business di Boeing
La società, dopo aver perso in un anno quasi il 30% in termini di capitalizzazione di Borsa attestandosi ora a 176 miliardi di dollari, sta cercando di arginare la crisi con misure drastiche tra cui la nomina di David Calhoun come nuovo CEO. In vista dei risultati del 29 gennaio prossimo la società ha già preventivato 5.6 miliardi di riserva da utilizzare per addolcire il bilancio trimestrale. Tuttavia le stime piu’ attuali parlano di un possibile impatto che supererà i 20 miliardi di dollari. Cifra cui dovranno aggiungersi i rimborsi per le famiglie delle vittime. Si deve considerare che il 40% dei profitti del gruppo veniva generato da questi velivoli.
Inoltre la sospensione nella produzione dei 737 Max costerà piu’ di un miliardo al mese, danneggiando anche le aziende dell’indotto tra cui la produttrice della fusoliera, l’azienda Spirit Aerosystem, che ha già annunciato un taglio di migliaia di posti di lavoro. Si prevede infatti come comunicato dalla stessa azienda che il 737 Max non riprenderanno a volare prima di metà 2020. La società sta cercando di reperire fondi pari a 10 miliardi di dollari ed è in contatto con un pool di banche tra cui Wells Fargo, Citigroup, JPMorgan e Bank of America.
L'azione in Borsa e le strategie operative
Il titolo quota intorno a 306.24 dollari per azione ed è vicino al minimo delle ultime 52 settimane che si attesta a 305.75 dollari per azione: una rottura al ribasso di tale livello potrebbe aprire la strada ad un panic selling tra gli investitori. Si potrebbe quindi provare una strategia short sul titolo da chiudere comunque prima della pubblicazione dei risultati trimestrali (29 gennaio): la consuetudine a non tenere aperta una posizione short prima dei risultati è dettata dal fatto che in sede di reporting i numeri e i comunicati aziendali posso dar vita a movimenti rapidi ed imprevedibili sia in positivo che in negativo. Negli ultimi due anni vi sono state aziende tra cui CNH, Leonardo o Tod’s che durante i periodi di crisi hanno visto un exploit in sede di pubblicazione delle trimestrali segnando anche +16% in un solo giorno, ovviamente è avvenuto anche il contrario per altre realtà. Sembra dunque sensato eliminare questo elemento di incertezza quando si attua una strategia di investimento (soprattutto nella posizione di shortisti in cui si scommette contro un’azienda).